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Il caldo debellerà il nuovo coronavirus?

Sui media non si fa altro che parlare del nuovo Coronavirus “SARS-CoV-2”: alcuni hanno ipotizzato che con l’arrivo della bella stagione tale virus possa scomparire, altri, invece, hanno asserito che sarebbero proprio il freddo (e il vento forte) a debellarlo.

Cosa c’è di certo in queste affermazioni? Quasi nulla, e vi spieghiamo il perché.

In primis, una breve premessa: sono numerosi i virus che possono causare infezioni del tratto respiratorio superiore (e che spesso precedono le infezioni del tratto respiratorio inferiore, cioè quelli più gravi come la polmonite) (Price, R.H.M., Graham, C. & Ramalingam, S., 2019):

  • i rinovirus (chiamati anche “virus del raffreddore comune”) sono responsabili tra il 30% e il 70% di tutte le infezioni respiratorie e poiché ne esistono oltre 100 diversi tipi le reinfezioni sono molto comuni;
  • i coronavirus sono la seconda causa più comune delle infezioni del tratto superiore, causando dal 7% al 18% dei casi;
  • altri virus che provocano infezioni del tratto superiore sono: i virus respiratori sinciziali (RSV) di tipo A e B, i virus della parainfluenza umana (HPIV) di tipo 1-4, gli adenovirus, il metapneumovirus umano (HMPV) e i virus dell’influenza A-C (IAV, IBV e ICV).

Sono stati eseguiti diversi studi scientifici per verificare eventuali correlazioni tra lo sviluppo di tali virus e le condizioni meteorologiche locali. Molti di questi hanno dimostrato che la frequenza delle infezioni virali del tratto respiratorio aumenta con le basse temperature e che il rischio di infezione aumenta durante la stagione fredda. È stato dimostrato, ad esempio, che il virus dell’influenza si diffonde rapidamente in condizioni fredde e secche, mentre è completamente inattivo a temperature superiori a 30°.

Uno studio in particolare (eseguito in Scozia) ha mostrato gli effetti dei dati meteorologici locali giornalieri (temperatura, umidità relativa, “variazione di umidità giornaliera” e punto di rugiada) sulle variazioni stagionali della trasmissione virale. Si è dimostrato che:

– l’adenovirus, i virus influenzali A e B, RSV e HMPV preferiscono le basse temperature;

– l’RSV, il virus dell’influenza A e la maggior parte dei virus preferiscono le stagioni in cui la variazione giornaliera di umidità è bassa (tipicamente l’inverno);

– l’HPIV di tipo 3 preferisce la stagione con umidità più bassa, temperature più alte e in cui la variazione giornaliera di umidità è alta (tipicamente l’estate).

Altri studi mostrano come il rinovirus si sviluppi in condizioni di alta umidità, mentre altra interessante correlazione è quella che lega l’attività dell’RSV con la ventosità: in particolare, maggiore è quest’ultima maggiore è l’attività dell’RSV.

Ulteriori studi dimostrano che la diffusione e la sopravvivenza dei virus che provocano infezioni del tratto respiratorio superiore è più facile nelle regioni a bassa pressione.

Per quanto riguarda i coronavirus, come anticipato, sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come quelle identificate di recente e note come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS).

Uno studio eseguito nel sud del Brasile, ha mostrato che le infezioni del tratto respiratorio indotto da coronavirus sono favorite dalle basse temperature. E’ da dire, però, che un altro studio saudita mostra un aumento di casi di MERS con le alte temperatura, l’elevato soleggiamento, la bassa velocità del vento e la bassa umidità (condizioni tipiche estive): ed infatti la MERS è apparsa per la prima volta in Arabia Saudita.

Come si vede, la dipendenza della attività dei virus dai fattori meteorologici non cambia solo da virus a virus, ma anche all’interno della stessa famiglia di virus (come nel caso dei coronavirus).

Quindi, come si comporterà il nuovo coronavirus “SARS-CoV-2”? La risposta più onesta è: nessuno può saperlo con certezza visto che è un virus nuovo, come affermato a chiare lettere anche da Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, il quale tiene comunque a sottolineare che in generale durante la stagione estiva cambiano i comportamenti sociali (si vive maggiormente in ambienti aperti) per cui la circolazione virale potrebbe (da rimarcare il condizionale) rallentare.

Pochi giorni fa, inoltre, Robert Gallo (uno degli scopritori dell’HIV) ha asserito, sulla base della localizzazione dei focolai mondiali, come il nuovo coronavirus sembri diffondersi in maniera efficiente, riuscendo a sostenere focolai epidemici, con temperature comprese tra 4 °C e 11 °C e umidità relative fra il 47% e il 79%. Ciò non significa che con altre condizioni non possa diffondersi: potrà certamente farlo, ma con maggiore difficoltà.

Insomma sembra proprio il caso di dire: chi vivrà vedrà.

 

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