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Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015

analisi meteo dell'evento

A distanza di quasi un mese dell’evento dell’alluvione di Rossano del 12 agosto 2015, analizziamo a mente fredda gli aspetti meteo di un fenomeno così intenso e forieri di danni ingenti.

La notte e la mattina del 12 agosto 2015, rimarranno ben impressi a lungo per molti cittadini di Rossano e Corigliano.

A partire dalla mezzanotte di giorno 12, infatti, sul territorio delle due importanti città ioniche, si è abbattuto un tenace “nubifragio” che ha provocato l’esondazione di molti dei torrenti che, avendo origini sulle pendici settentrionali della Sila Greca, sfociano nel tratto di mar Ionio su cui si affacciano le aree vallive e litoranee di queste città, ovvero, solo per citare le più popolose, le frazioni “Scalo” e “Schiavonea” (di Corigliano), “Momena” e “Sant’Angelo” (di Rossano).

In particolare, impressionanti appaiono gli allagamenti causati dal torrente Leccalardo a Corigliano Scalo (vedi foto 1), dove si può notare l’agrumeto posto a tergo dell’argine (segnato dalla presenza dei cipressi) quasi completamente sommerso dall’acqua (si consideri che l’agrumeto in oggetto è composto da alberi che normalmente raggiungono i 2 – 2,5 m).

Ma i danni maggiori sono stati registrati soprattutto a Rossano, dove sono da segnalare, fra le altre, le esondazioni di due torrenti: il Fellino in località “Momena”, ma soprattutto il “Citrea” a “Sant’Angelo” (si veda estratto della mappa di google maps con l’indicazione delle aree interessate – figura 1).

Come si può osservare dalla già citata figura 1, il torrente Citrea, dopo avere oltrepassato con andamento rettilineo, nel suo moto a valle, la Strada Statale 106 Jonica, assume un’improvvisa curvatura a sinistra (con piccolo raggio), sfociando poi in mare lungo la nuova direzione acquisita. Ebbene proprio nel punto in cui avviene tale cambio direzionale planimetrico si verifica la “rotta arginale” (zona indicata in figura 2, e la corrispondente foto 2 scattata qualche giorno dopo con la presenza della soluzione “tampone”, ovvero blocchi di calcestruzzo a ripristinare temporaneamente la rotta): cioè l’argine, investito quasi perpendicolarmente dall’onda di piena (liquida e fangosa), non è riuscito a resistere al forte impatto ed ha ceduto di schianto, così che l’onda ha investito le case immediatamente a tergo dell’argine stesso, provocando danni ingenti, in alcuni casi veri e proprio “sventramenti” delle murature perimetrali, come mostrato nelle foto 3 e 4 scattate da un abitante del luogo, Mattia Brunetto (autore anche della già mostrata foto 2), qualche giorno dopo.

 

Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015
Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015

FOTO 1

FIGURA 1

FIGURA 2

FOTO 2

Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015
Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015

FOTO 3

Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015
Alluvione di Rossano del 12 agosto 2015

FOTO 4

 

L’analisi delle figure 1 e 2 e della foto 2, dalle quali spicca la presenza di questa curva così “stretta” (cioè dal raggio molto piccolo), fa emergere qualche dubbio sulla “spontaneità” o “naturalità” di questo percorso (per il resto abbastanza rettilineo a monte), tanto da far pensare a qualche “manina” umana che, decenni fa, ha deciso di deviare il corso del fiume probabilmente a proprio uso e consumo. Ma di questo se ne occuperanno gli organi predisposti alla ricerca delle verità giudiziarie…

A noi, al momento, interessa il discorso meteorologico. Ok, le responsabilità “umane”, ad una prima analisi, sembrano inequivocabili, ma l’evento meteorologico in sè, come va considerato?

Innzitutto facciamo un breve cenno alla situazione sinottica del 12 agosto alle ore 8:00, ricorrendo alle carte messe a disposizione dal sito www.meteociel.fr, sulla base delle elaborazioni NCEP (si veda figura 3): il bacino centrale del Mediterraneo quel giorno era interessato dalla presenza di una goccia di aria fredda in quota, distaccatasi il 7 agosto da una precedente saccatura della circolazione polare principale, e che, dall’8 agosto, ha seguito la traiettoria mostrata dalla curvilinea blu tratteggiata sino a giungere quella infausta mattina col suo minimo sul già citato Stretto di Messina. Tale goccia fredda era caratterizzata da valori di geopotenziale a 500 hPa di 580 gpdam (5800 m slm), con temperatura di circa -10° a quella quota (vedi figura 4, presa dal modello MOLOCH del CNR). La situazione al suolo (vedi figura 5) vedeva un minimo di circa 1011 hPa centrato sempre sullo Stretto di Messina: la pressione al suolo nella zona interessata dall’alluvione era di 1012/1013 hPa. Data la posizione del minimo in quota e al suolo pressochè coincidenti, i venti a tutte le quote provenivano dai quadranti orientali o sud-orientali (est o al massimo, est-sud-est): si vedano a tal proposito le figure 6 (venti al suolo), 7 (venti a 850 hPa circa 1500 m slm), 8 (venti a 700 hPa, circa 3000 m slm) e 9 (venti a 500 hPa, cioè 5800 m slm).

Nello specifico, la particolare disposizione dei venti al suolo, ha permesso il convogliamento sulla zona colpita dall’alluvione, di masse d’aria che hanno viaggiato per lungo tempo a contatto con un mare Ionio che, in quei giorni, come mostrato dalle immagini del progetto Copernicus (vedi figura 10), al largo si attestava sui 28,5°-29° con anomalie termiche positive, cioè mari più caldi rispetto alle medie anche di 3° (vedi figura 11)!!! Quindi bacini marini caldi e molto umidi da cui le correnti da ESE, puntati dritti in convergenza con quelli da NE verso il golfo di Corigliano, hanno “pescato” l’umidità giusta per la generazione delle ingenti piogge poi effettivamente verificatisi.

FIGURA 3

FIGURA 4

FIGURA 5

FIGURA 6

FIGURA 7

FIGURA 8

FIGURA 9

FIGURA 10

FIGURA 11

 

Il risultato è stata una pioggia che, come può osservarsi dall’animazione del radar della Protezione Civile (video visionabile qui), è caratterizzata da una straordinaria persistenza a causa della continua autogenerazione di celle convettive, avvenuta per ore ed ore ed approssimativamente nella stessa piccola zona (le aree litoranee del coriglianese e rossanese, sulla terraferma). Evento le cui cause devono ora essere analizzate con maggiore competenza da parte dei fisici dell’atmosfera.

Tale evento di pioggia ha avuto particolarissime caratteristiche di distribuzione spaziale. Analizzando infatti le piogge giornaliere del 12 agosto registrate da alcune stazioni del Centro Funzionale Multirischi dell’Arpacal (vedi elenco a fine articolo), emerge con grande chiarezza la straordinaria limitatezza dell’estensione spaziale di tale evento: l’unica stazione che quel giorno ha segnato un dato degno di rilievo è proprio quella di Corigliano Calabro, con il notevole valore di 230,6 mm. Si noti però che, la vicina stazione di Sibari, posta a soli 11 km in linea d’aria, ha segnato solo 12,8 mm. Così come la Stazione di Cropalati, distante 20 km circa, solo 48,4 mm.

Insomma un evento di limitatissima estensione superficiale, quasi “puntuale”, pertanto impossibile da prevedere con esattezza, tant’è vero che nessuno dei modelli matematici anche ad altissima risoluzione oggi disponibili, l’aveva paventato.

Per dare un’idea del campo di pioggia di quel giorno, si dia un’occhiata alla figura 12, che è l’interpolazione spaziale (con metodo dell’Ordinary Kriging) dei dati di pioggia giornalieri del 12 agosto delle stazioni Arpacal elencate a fine articolo e mostrate nell’immagine stessa. Si fa presente che per “interpolazione spaziale” si intende la distribuzione  nello spazio, che può essere effettuata mediante differenti metodi matematici e statistici (in questa sede noi abbiamo scelto il già citato “Ordinary Kriging”), delle piogge puntuali registrate dalla stazioni. Certo, tale interpolazione è solo una approssimazione del campo di pioggia spaziale verificatosi realmente, ma dà bene l’idea della zona colpita e della sua limitata estensione (si noti che l’indagine è stata estesa alla porzione di territorio indicata che forniva maggiore affidabiltà di calcolo, visto che il Kriging, essendo un metodo di interpolazione geo-statistico, fornisce anche la misura della “bontà” del calcolo effettuato).

 

FIGURA 12

Il dato giornaliero di 230,6 mm di Corigliano Calabro è indubbiamente notevole. Ma è ancora più interessante scoprire che tale quantità d’acqua non si è scaricata uniformente durante tutte le 24 ore. Analizzando, infatti, la figura 13, riportante la “cumulata” delle precipitazioni registrate in continuo quel giorno, si può notare come di questi 230,6 mm, ben 155 mm circa, si siano scaricati in sole 5 ore, cioè dalle 3:00 alle 8:00 di mattina, generando una intensità di pioggia (data dal totale, cioè 155 mm, diviso per la durata, cioè 5 ore),di ben 31 mm ad ora: ricordiamo che, per definizione, una pioggia con intensità maggiore di 30 mm/ora è da definirsi “nubifragio”: quindi il 12 agosto 2015 nella zona valliva e litoranea dei territori a confine dei comuni di Corigliano e Rossano, si è verificato un NUBIFRAGIO DURATO 5 ORE!!!!!!

Un evento meteorologico notevole (successivi e più dettagliati studi statistici forniranno anche il tempo di ritorno di tale fenomeno) e totalmente imprevedibile con accettabile esattezza, ma che, lo ribadiamo, non deve distogliere l’attenzione sulla pressione ormai intollerabile che l’uomo, con le sue attività, lecite ed illecite, sta apportando ad un territorio ormai idrogeologicamente allo stremo.

E la natura, ormai lo si è capito, prima o poi si riprende sempre ciò che è suo. Anche a distanza di decenni.

(elenco delle stazioni Arpacal considerate nel presente studio: Crucoli, Cariati Marina, San nicola dell’alto, Savelli, Cerenzia, Cotronei, Pagliarelle, Petilia, San Mauro marchesato, Serrarossa, Crotone, Petronà, Isola Capo Rizzuto, Cropani, Acqua della quercia, Cecita, Longobucco, Cropalati, Corigliano, Acri, Sibari, Villapiana scalo, Tarsia, Cassano allo Ionio, Castrovillari, Cerchiara, Roseto Capo Spulico, Albidona).

FIGURA 13

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